Il
bisogno di una nuova Europa
Di
Carlo Pelanda (7-5-2009)
Tra un mese
eleggeremo i rappresentanti italiani al Parlamento europeo, ma nessuno parla di
Europa. Eppure dovremmo farlo per tre motivi concretissimi: (a) i dati di
scenario indicano che quando l’economia globale si riprenderà a fine 2009
quella della zona euro resterà in stagnazione, con difficoltà a riassorbire la
massa di disoccupati creati dall’impatto recessivo, con deficit e debiti pubblici
crescenti e destabilizzanti; (b) nessuno Stato ha soluzioni solo nazionali per
uscire dai propri guai economici, ma ne ha solo di europee; (c) tuttavia
l’architettura politica europea non è strumentata per fornirle. I lettori
potrebbe rispondere: e che c’è posso fà? Potete fare moltissimo, invece: se spostate
le vostre attenzioni sull’Europa costringerete la politica – che segue i vostri
umori via sondaggi - a pensarla e rifarla.
Di quale
nuova Europa avremmo bisogno? Di una che ci sia perché ora non c’è. Bisogna
prendere atto che il progetto di Unione, come definito nel Trattato di Maastricht,
1993, è fallito. E che è successo, semplificando, perché si è voluto costruire
il tetto prima dei muri. Crollato. Con la complicazione di una moneta unica
rimasta per aria, cioè senza supporto politico sottostante. Quindi la
ricostruzione dell’Europa dovrà tornare al metodo “prima i muri poi il tetto”
(funzionalista) che edificò la Comunità
Europea dal 1957 fino alla splendida – perché allo stesso
tempo pragmatica e visionaria – configurazione dell’Atto Unico del 1985. Andreotti,
che ne fu tra i facitori, dovrebbe scriverne per istruirci. In sostanza, si
tratta di europeizzare le cose che siano di chiaro vantaggio nazionale per
tutti posponendo il resto. Tale ritorno al metodo funzionalista, di fatto già
visibile nella prevalenza degli organi decisionali intergovernativi su quelli
sovranazionali, implica il puntare a meno cose europee, ma più “portanti”. Di
quali abbiamo bisogno subito per affrontare l’emergenza economica? Bisogna evitare che salti l’euro perchè i bilanci
statali non reggono la spesa, cioè per eccesso di indebitamenti nazionali. Una
buona soluzione è già stata individuata da Tremonti quando ha proposto
l’emissione di titoli di nuovo debito garantiti dall’Europa e non nazionali. Da
questa proposta se ne potrebbe sviluppare una più strutturale e sintetica:
creare un Fondo europeo dove gli Stati conferiscano parte dei loro patrimoni
per coprire – e quindi pareggiare - le emissioni debitorie in proporzione ai
conferimenti stessi. Con tale strumento l’aumento dei debiti nazionali, ed il
costo annuo degli interessi per servirli, sarebbe contenuto. Salvi. Usualmente la Germania si oppone a tali
misure perché teme di pagare di più. Ma con quella accennata ciò non
succederebbe. Inoltre, la
Germania con un debito verso l’80% del Pil è una mina vagante
quanto l’Italia, in tendenza verso il 116%, se non di più. Lo spazio qui è
poco, ma penso che questi cenni servano a mostrare il bisogno di nuova Europa
per tutti, concreta.
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